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ahimè [aim$+] o aimè [id.] escl. — lett. ahimé [aim%+] o aimé [id.] — in origine ahimé e analogam. ohimé con pn. senz’altro chiusa, quando l’etimo (ahi + me, ohi + me) era fatto più evidente da un costante riferirsi alla 1a persona sing. e, per altro verso, dalla possibilità di frapporre aggettivi tra i due componenti (es.: ahi lassa me, che assai chiaro conosco come io ti sia poco cara! [#i laSSa m%, ke aSSai kL#ro kon1Sko k1me io ti S&a pqko k#ra!], Boccaccio) — cessate queste condiz. da vari secoli e così subentrata oggi quasi in tutta la Tosc. una pn. aperta, spiegabile forse con influssi dei dial. settentr. e determinata in tutti i modi da una composiz. non più percepita (attestazioni sicure fin dal ’600 e ’700); ma rimasta la pn. chiusa in parte dell’It. centr., soprattutto a Roma — in armonia con la pn. chiusa la moderna formaz. (lett. e scherz.) di escl. composte da ahi con altri pron.: ahité [ait%+], ahilui [ail2i], ahilei [ail$i], ahinoi [ain1i], ahivoi [aiv1i], ahiloro [ail1ro]: scritte sempre con -h- e riferite sempre alla persona sing. o pl. che ciascuna esprime