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Francesco d’Ovidio: Ruggiero Bonghi, grande oratore, dicitore tormentato

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Ruggiero Bonghi, grande oratore, dicitore tormentato

ruJJ$ro b1jgi, gr#nde orat1re, di©it1re torment#to

 

Dell’oratore non aveva tutte le qualità accessorie. La voce

dell orat1re non av%va t2tte le kUalit# a©©eSS0rLe. la ve

 

era un po’ sottile e secca, e un tantino, forse più per abitudine

Hra um pq Sott&le e SS%kka, e un tant&no, f1rSe pL2 pper abit2dine

 

che per natura, nasale. Aveva l’erre schietta, ma a quando

ke pper nat2ra, naS#le. av%va l $rre SkL%tta, ma a kkU#ndo

 

a quando la faceva un po’ gutturale, sia per l’abitudine al

a kkU#ndo la fa©%va um pq guttur#le, S&a per l abit2dine al

 

francese, sia per uso contratto fra i nobili. La pronunzia

fran©%@e, S&a per 2@o kontr#tto fra i n0bili. la pron2nZLa

 

avrebbe voluto che riuscisse toscana, e in gran parte

avr$bbe vol2to ke rriušš&SSe toSk#na, e ij gram p#rte

 

toscaneggiava difatto, ma dava sistematicamente in certi vezzi

toSkaneJJ#va dif#tto, ma dd#va SiStematikam%nte in ©$rti v%ZZi

 

che egli s’era imposti perché sedotto da analogie fallaci.

ke el’l’i S $ra imp1Sti perk% SSed1tto da analoJ&e falli.

 

Pronunziava, poniamo, forte o corpo, negletto o petto,

pronunZL#va, ponL#mo, «f0rte» o «kk0rpo», «negl$tto» o «pp$tto»,

 

con la vocale chiusa, perché credeva che anche in simili voci

kon la vok#le kL2Sa, perk% kkred%va ke ajke in S&mili vi

 

fra il toscano e il napoletano vi sia quella differenza che è

fra il toSk#no e il napolet#no vi S&a kUella differ$nZa ke $

 

in posto o fioretto; e diceva viaggio come un toscano

im «p1Sto» o «ffLor%tto»; e ddi©%va «vi-#JJo» k1me un toSk#no

 

direbbe Biagio. Se profferiva soggetto, cadeva in tutti e due

dir$bbe «bL#Jo». Se pproffer&va «SoJJ$tto», kad%va in tutti e dd2e

 

codesti falsi toscanesimi. Spesso metteva l’esse dolce fuor

kod%Sti f#lSi toSkan%@imi. Sp%SSo mett%va l $SSe d1l©e fU0r

 

di proposito. Questa era la sua fonetica personale. Gli avveniva

di prop0@ito. kU%Sta Hra la S2a fon$tika perSon#le. l’ avven&va

 

quel che a molti, che toscaneggerebbero meglio se in certi casi

kU%l ke a mm1lti, ke ttoSkaneJJer$bbero m$l’l’o Se in ©$rti k#@i

 

si rimanessero al proprio dialetto.

Si riman%SSero al pr0prLo dial$tto.

 

Francesco d’Ovidio

fran©%Sko d ov&dLo

 

Notel’erre schietta [l $rre SkL%tta], con articolazione alveolare all’italiana, in contrapposto all’altra un po’ gutturale [um pq guttur#le], con articolazione velare, diffusa da Parigi non solo al resto di Francia ma alla stessa Germania e penetrata in passato anche in Italia, specie in Alta Italia e tra gli aristocratici — forte [f0rte], corpo [k0rpo], negletto [negl$tto], petto [p$tto], alterati dal napoletano Bonghi in f1rte, k1rpo, negl%tto, p%tto, nell’errata supposizione che la sua pronunzia nativa fosse diversa dalla toscana — posto [p1Sto], fioretto [fLor%tto]: qui, sì, una differenza tra l’uso napoletano di p0Sto, fLor$tto e la pronunzia toscana con le vocali chiuse — viaggio [vi-#JJo], alterato in vi-#Jo per la paura infondata di cadere nello stesso provincialismo di chi dicesse bL#JJo invece di Biagio [bL#Jo] — in soggetto [SoJJ$tto], alterato in SoJ%tto, una doppia correzione fuor di proposito: quella dell’-e- da aperta a chiusa e quella del -g- da doppio a scempio.

   

DOP

Redatto in origine da
Bruno Migliorini
Carlo Tagliavini
Piero Fiorelli

 

Riveduto, aggiornato, accresciuto da
Piero Fiorelli
e Tommaso Francesco Bórri

 

Versione multimediale ideata e diretta da
Renato Parascandolo